Back to the Future – Scambio internazionale

“Back to the Future” – Scambio Internazionale sul recupero dei lavori tradizionali

Dal 1 al 9 aprile a Santa Severina, un piccolo paese in Calabria, si è svolto lo scambio internazionale “Back to the Future” organizzato dall’associazione No Borders e finanziato dal programma Erasmus+. Una quarantina dei ragazzi tra i 18 e i 25 anni, provenienti da Portogallo, Lettonia, Ungheria, Francia e Italia, ognuno con le sue idee, opinioni, esperienze della vita e storie diverse, hanno creato il contesto multiculturale per discutere e confrontarsi insieme sul tema abbastanza preoccupante per l’Europa d’oggi, ovvero la disoccupazione giovanile. La soluzione a questo problema si è ricercata attraverso ilrecupero dei mestieri tradizionali che magari pian piano vengono dimenticati, ma che in realtà rappresentano una grande possibilità di impiego.


La caratteristica principale del progetto è stata l’immersione dei partecipanti in una vita di Santa Severina, il collegamento che è stato creato con il posto e soprattutto con i suoi abitanti che erano molto felici di ospitare questo scambio e condividere con i suoi partecipanti la storia, tradizioni del paese e soprattutto i mestieri tradizionali che la Calabria ha da offrire, visto che è una regione con una ricca storia artigianlale. I ragazzi hanno partecipato in diversi workshop, per esempio, in un workshop sulla pasta fatta in casa, e per pranzo hanno mangiato pasta alla bolognese fatta con le loro mani, o in un workshop sulla ceramica.


La maggiore attenzione durante lo scambio è stata prestata alle attività non-formali che hanno potuto aiutare i partecipanti a capire meglio i loro interessi, passioni, potenzialità e cosi aiutare anche a scegliere il loro futuro professionale. C’erano anche momenti “informali”, tra cui la visita a le Castella e le serate interculturali con tutta la diversità dei balli e leggende dei paesi d’origine dei partecipanti. Durante queste attività i ragazzi sviluppavano la loro capacità linguistica di parlare non solo in inglese, ma anche in italiano perché i partecipanti italiani ci tenevano molto a condividere la loro realtà italiana, o meglio calabrese.

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